Alberto è un obeso omuncolo untuoso e piriforme sulla cinquantina, dall’aspetto sgradevole e dalla cultura modesta. Tutto questo, a volergli bene. Fortunatamente si accontenta di poco e, nel suo caso, anche il poco è troppo.
Il buon Alberto vive con la madre in un tristo casermone che pare appositamente progettato come luogo di passaggio per esistenze che non hanno niente da dire e che comunque nessuno vorrebbe ascoltare.
La madre Carmela è una calabrese over 70 che si esprime in un italiano stentato, casalinga da sempre con la pensione di reversibilità del marito morto, i cui orizzonti spaziali, sociali e culturali non si spingono oltre le colonne d’Ercole delle botteghe di quell’asfittico quartieraccio a ridosso della zona industriale, presso cui abita e fa la spesa da decenni. Il suo vocabolario è limitato a ricette, maledizioni e una serie di proverbi incomprensibili e trascorre le giornate a cucinare, lamentarsi di tutto ciò che non capisce e del fatto che il mondo sia cambiato senza chiederle il permesso.
Come quasi tutte le persone condannate dalla vita al fallimento e alla marginalità , Alberto vive in un suo piccolo mondo fatto di abitudini stanche e ripetitive ma impossibili da rifuggire. In particolare Alberto ha la passione per le puttane. Le puttane negre, nello specifico.